SILVIABATTAGLIO
LOLITA
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Lei era lì, con la sua bellezza distrutta, la mia Lolita. Ed io la guardai, la guardai e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l’amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra....(Lolita | V. Nabokov)
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Ideazione, regia e interpretazione Silvia Battaglio
Scrittura di scena liberamente ispirata a Lolita (Vladimir Nabokov)
Consulenza artistica Julia Varley/ODIN TEATRET (DK)
Suggestioni letterarie Charles Perrault, Pia Pera
Suggestioni musicali Torgue&Houppin, Alva Noto, Bizet
Disegno luci Massimiliano Bressan
Produzione Zerogrammi in collaborazione con Biancateatro
Coproduzione ODIN TEATRET (DK)/Eugenio Barba
Con il contributo di Regione Piemonte, MIBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali
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Lolita è l’incarnazione di tutto ciò che si muove attorno a lei: i soldi, la smania di successo, il divismo borghese, l’avidità, gli uomini che sono lupi e la loro fragilità. Silvia Battaglio ha un’eleganza che appare naturale nel filtrare la violenza, senza facili eccessi, ma è una naturalezza conquistata e ragionata. Lo spettatore poi, non può tirarsi indietro: ora comprende di essere nello spazio cieco dell’intimità di Lolita, ora si trova ad essere sul piano del carnefice, ora è davvero solo uno spettatore impotente. L’attrice sposta costantemente il punto di vista di chi è con lei e la guarda, seguendo un disegno analiticamente critico e sfidante. (Irene Gianeselli | GLOBALIST)
Creatura senza età che coagula in sé innocenza e perdizione, cura e sperpero del proprio corpo: Silvia Battaglio modella una Lolita che è luminosa ed eloquente espressione di quell’incapacità di vivere la propria vera età che non soltanto conduce alla tragedia i protagonisti del romanzo di Nabokov ma alimenta frustrazioni silenziose ovvero scelte dissennate di molti. Un’intuizione che l’artista sviluppa utilizzando un linguaggio omogeneo, in cui movimento coreografico e recitazione scivolano naturalmente l’uno nell’altra, articolando un discorso che inchioda il pubblico con la sua conturbante verità. (Laura Bevione | SISTEMA TEATRO TORINO)
Parole come macigni che l’interprete fa ulteriormente esplodere modulando la voce o con un ghigno, con l’intensità di uno sguardo piuttosto che con la forza di un silenzio: un’anteprima di successo in attesa del debutto assoluto nella prestigiosa cornice dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, con Silvia Battaglio applaudita interprete di una moderna “ninfetta” tanto in grado, ieri, di stravolgere la mente del suo aguzzino, quanto capace, oggi, di scuotere le coscienze in nome di un sentimento vissuto oltre ogni limite. (Roberto Canavesi | TEATROTEATRO)
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Silvia Battaglio costruisce una drammaturgia intensa, fondendo le fonti letterarie in una riscrittura agile, intensa e perversamente potente che si fonde con un’azione scenica in cui la corporeità è predominante. Questa Lolita di Silvia Battaglio, opera che apre il sipario su temi che vogliamo seppellire sotto il tappeto della civiltà, additando il mostro nel peccatore scoperto in flagrante dimenticando che l’orrore si annida nell’animo di tutti, ricorda qualora ce ne fossimo dimenticati che la funzione della scena è parlare al mondo del mondo, sollevare i veli, scuotere l’artificiale sicurezza del vivere civile. Il teatro quando si esprime con la sua vera forza non rassicura per niente: è uno sguardo lucido sulla durezza del vivere, sulla vita bella e crudele. (Enrico Pastore | LIVEARTS)
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LOLITA ha debuttato in prima nazionale nel 2014 al TEATRO STABILE DI TORINO e in prima internazionale nel 2015 all'ODIN TEATRET, con la consulenza artistica di Julia Varley, rappresentando il primo degli spettacoli appartenenti alla Trilogia dell’Identità. Lo spettacolo rientra in un’indagine sul tema dell’identità connesso a quello dell’età, dove il punto di partenza risiede nell’appartenenza o meno a noi stessi, a un’età che ci rappresenta e ci attraversa ma che talvolta non corrisponde esattamente al nostro tempo interiore, in questo sfasamento tra età ed esistenza si annida un luogo che chiamerei: Lolita. Dal suo piccolo angolo di infanzia immerso in un giardino di mele rosse, una Lolita – ormai adulta - attraversa il tempo a ritroso e ripercorre la sua ‘prima volta’, sperimenta, provoca e interroga gli adulti nel tentativo di intercettare le traiettorie del possibile, attraversa la delusione e lo stupore, la purezza e il peccato, nel suo viaggio intimo tra adolescenza e maturità. Lolita intreccia i fili della memoria, poi trema, ride e sospira quando nel bosco della sua infanzia incontra il signor Humbert, l'uomo nero delle favole, mezzo uomo e mezzo lupo che per timore di invecchiare sottrae il tempo a una bambina innocente come cappuccetto rosso ma crudele come un dèmone. Lolita cerca le tracce della bambina che era e che Humbert le ha portato via, scavalca il tempo, lo perde, e infine cerca di trattenerlo, tra smarrimento e gioco, come un equilibrista sfida un mondo luminoso ma pieno di insidie, nel tentativo di collocare se stessa fino ai confini incerti di una realtà in trasformazione destinata a mutare i suoi valori etici, a mettere in discussione certezze apparentemente innegabili come il diritto alla propria infanzia. Donna, vecchia, bambina, crudele, dolce ed enigmatica, Lolita è sola perché nessun adulto la ama per quello che è: allora finge di essere un’altra nel gioco perverso del teatro della vita, ora con ingenuità ora con astuzia, Lolita proietta il suo corpo nella perdizione di una dimensione ambigua e metamorfica in cui amore e potere convivono nello stesso istante, penetrando nei sentimenti più profondi dell’essere, attraversandoli con passione e amarezza, fino all’ironia.